Ansia, approccio appropriato in farmacia e consigli per gestire il paziente. Il parere dell'esperto

09/05/2022


L'ansia è un termine passepartout a cui vengono ricondotte molte situazioni e, complice anche la pandemia e, più di recente, la guerra in Ucraina, è tra quelli più ricercati in rete. Si tratta di una reazione fisiologica del corpo all'emozione della paura e costituisce una risposta adattativa, che aiuta a essere preparati e reattivi. Oltre una certa soglia, tuttavia, può essere fuori controllo e causare disagi. Ma come gestire in farmacia un paziente che riferisce di essere ansioso? Quale può essere un approccio appropriato da parte del farmacista? Ne parla a F-Online Francesco Montemurro, psicologo clinico ed esperto nei disturbi d'ansia.

«Di fronte alla paura, il corpo, il sistema nervoso si attiva, per prepararsi a lottare o a scappare, con una serie di risposte fisiche e comportamentali», spiega Montemurro, che parteciperà, come relatore, al webinar dedicato ai disturbi d'ansia, in fase di predisposizione, in autunno, da FederFARMA.CO dopo il lancio del nuovo Profar Levoans, l'integratore alimentare utile in caso di stress, sbalzi d'umore. «L'ansia rappresenta un vissuto della persona, che si sente più agitata». Come si presenta, quindi, chi riferisce un disturbo d'ansia? «L'agitazione, come detto, è un tratto caratteristico. Può esserci battito cardiaco accelerato, sudorazione, iperattività, anche relativa al linguaggio. L'insonnia è spesso presente. La persona appare più preoccupata, pensierosa, può esserci ruminazione, con pensieri o anche fantasie, su un futuro che sembra essere più spaventoso, che tendono ad aumentare. La persona si presenta spesso alla ricerca di rassicurazioni, tende a chiedere un aiuto maggiore, che molte volte è diretto a cercare di controllare le percezioni che sta vivendo. Vengono ricercate quelle che noi chiamiamo le "tentate soluzioni" che, tuttavia, creano un circolo vizioso, aumentando, ancor di più, l'ansia, proprio perché non rappresentano il modo appropriato di gestirla».

Che cosa può fare il farmacista? «Un primo aspetto, proprio perché l'assistito ha la tendenza a ricondurre tutto sotto lo stesso termine, è quello di differenziare l'ansia dall'angoscia. Come detto, l'ansia è caratterizzata da uno stato di attivazione; al contrario se c'è un blocco, se la persona è giù, si entra in un altro ambito, che richiede un diverso tipo di intervento. È importante, infatti, corrispondere il consiglio più appropriato, per strutturare una relazione di fiducia tra farmacista e assistito e, quando necessario, suggerire al paziente il ricorso a uno specialista».
Nella relazione al banco, a ogni modo, «può essere utile allenarsi a riconoscere i segni della paura e investigare se c'è qualcosa che preoccupa, se la persona si sente agitata, se ha pensieri o fantasie, se il suo stato deriva da una paura della sensazione stessa, e, in generale, per tutte le situazioni, capire se c'è insonnia».

Oltre a questo, «può essere utile anche spiegare che l'ansia ha una funzione utile, ci motiva, è un motore e una spinta, in alcuni casi, al miglioramento. Eliminarla del tutto ci bloccherebbe; laddove c'è un disagio, si tratta di portarla a un livello più accettabile, per poterci convivere. In questo senso un ruolo importante del farmacista può essere quello di educare a non aver paura dell'ansia stessa». Il farmacista quindi «deve costruire una propria autorevolezza, non attraverso la rassicurazione, che potrebbe alimentare quel circolo vizioso a cui abbiamo accennato, ma trasferendo un principio: controllare quello che è possibile e lasciare andare ciò che non si può controllare. Può essere utile, infatti, suggerire di concedere un pochino di spazio per i propri pensieri e le proprie fantasie e poi passare oltre».

C'è, al riguardo, una riflessione da fare: «Rivolgersi al farmacista può essere, a sua volta, una "tentata soluzione", per cercare di gestire e controllare l'ansia. Il farmacista, come il medico di medicina generale, in questo senso diventa un polo centrale, e, a seconda, può essere parte del problema o rappresentare invece un supporto. Quello che è importante avere chiaro è che si è in prima linea per fronteggiare il disagio e non per combatterlo, per avviare il paziente ad avere meno paura dell'ansia».