Private Label, opportunità per farmacisti e per filiera di proprietà

06/11/2017


La Private Label di proprietà dei farmacisti è un'opportunità, perché ha un'alta marginalità, valorizza, di fronte ai pazienti, un'offerta a tutto tondo da parte delle farmacie e, in prospettiva, con i nuovi scenari che verranno a crearsi dalla legge sulla Concorrenza, sarà una leva strategica di mercato per il sistema e per la filiera di proprietà. Ma perché possa rappresentare un elemento di vantaggio, c'è ancora molto lavoro da fare e, tra le direzioni su cui agire, occorre creare una cultura tra i farmacisti e favorire un ruolo più dinamico da parte delle farmacie. Sono queste alcune delle riflessioni di Francesco Turrin, presidente di Federfarma.Co, in occasione della IV Convention di Federfarma Servizi e Federfarma.Co che si è tenuta a Firenze. Sul fronte della Private Label, «il nostro trend è di crescita ma ci attendiamo di più» spiega.

«Le esperienze in altri settori del retail e in altri paesi ci dicono che la Private Label può raggiungere fatturati importanti, mentre nel nostro Paese è ancora ben lontana dall'essere valorizzata. Come Federfarma.Co, siamo sempre più impegnati, in termini economici e di risorse, nello sviluppo di prodotti nuovi e nel miglioramento dell'esistente, ma occorre considerare che solo a fronte di una crescita dei risultati, diventa possibile destinare in maniera strutturata finanziamenti alla Ricerca e Sviluppo e alle innovazioni necessarie per stare al passo con le evoluzioni dell'utente finale. E per ottenere questo, occorre immettere più risorse. Per ora, risposte importanti le abbiamo, in alcuni casi, dalla distribuzione intermedia, in particolare da quelle aziende più avanzate che guardano con maggiore dinamicità al futuro, mentre un grosso lavoro è ancora da fare sul fronte delle farmacie. Credo che il farmacista debba rendersi conto maggiormente dell'opportunità in termini di mercato che offre la PL e viverla sempre di più come un prodotto suo. Credo cioè che occorra favorire un cambiamento di passo e di visione da parte delle farmacie, nella direzione di considerare il sistema come qualcosa di integrato, in cui ogni singolo presidio è inserito. Più in generale, infatti, ritengo che la farmacia debba capire l'importanza di una filiera di proprietà, di cui anche Federfarma.Co fa parte, e questo deve tradursi anche nell'idea che indirizzare una parte degli utili - nella private label o in generale nella filiera - significa, in realtà, investire per creare un sistema più efficiente ed efficace, che si traduce in vantaggi per la farmacia». Un esempio di questa integrazione «è offerta dalla Prima campagna nazionale di screening per il diabete in farmacia - DiaDay -, lanciata a ottobre da Federfarma nella settimana dal 14 al 20 novembre, che in poco tempo ha già ottenuto grandi adesioni, più di 7000 farmacie. Nel kit che verrà consegnato alle farmacie per le autoanalisi, c'è anche materiale prodotto da Federfarma.Co, che ha supportato la campagna come primo fornitore in termini di quantitativi. Nella campagna sono coinvolte le associazioni di medici e pazienti e l'iniziativa ha ricevuto il patrocinio del ministero della Salute. Questo è davvero un importante esempio di come istituzioni e attori della filiera, se operano insieme, riescono a ottenere risultati importanti, in primis per i pazienti e per il servizio sanitario. È una questione di cultura e abitudine e mi auguro che la strada intrapresa venga ulteriormente valorizzata, anche se noto che spesso c'è bisogno dell'emergenza per ricordarsi del grande valore dell'operare insieme». Da Turrin, arriva anche una riflessione sulla ricerca di strumenti per sviluppare la professionalità: «Ci sono due aspetti di fondamentale importanza che incarnano a mio parere una delle linee evolutive del sistema farmacia: la prevenzione e l'aderenza alla terapia. Credo che anche su questi temi occorre sviluppare sinergie e integrazioni, non solo però nell'ambito della filiera, ma entro gli attori della primary care del territorio, medici, specialisti, infermieri e quant'altro. Ma per fare questo, occorre definire un pacchetto di regole condivise: decidere cioè protocolli che abbiano una solida base scientifica, siano misurabili e replicabili, e definire requisiti strumentali, ambientali, professionali, controlli, metodologie di analisi, e così via. È ovvio che ognuno farà l'attività che gli compete, ma tutti gli attori coinvolti devono essere inseriti in un sistema organizzato che abbia come fine ultimo il paziente». Sul fronte della prevenzione, poi, «un ambito che ritengo esprima appieno la professionalità della farmacia, credo che occorra cambiare approccio al servizio farmaceutico. È ancora diffusa la logica di rimborso della spesa da parte del Ssn, ma questa non tiene conto del problema di sostenibilità del sistema. Credo invece che proprio nell'aspetto della sostenibilità ci sia una grande opportunità per le farmacie, che possono mettere in campo iniziative e progetti utili a prevenire l'aumento dei cronici, complicanze e accessi alle strutture pubbliche, con risparmi importanti per il Ssn. Laddove si riesce a dimostrare di essere una rete in grado di fare prevenzione e di dare risultati misurabili, in un certo senso ad accreditarsi per quel ruolo, la remunerazione arriva. Il contratto tra cittadini e farmacisti è un contratto forte e può essere reso ancora più stretto attraverso le leve della prevenzione e dell'aderenza».