Osservasalute, politiche sanitarie agiscano su accesso alle cure e gestione della multicronicità

23/04/2018


Tra le problematiche che riguardano sanità e salute del nostro paese c'è anche quella legata all'accesso alle cure. Un tema per il quale non si riesce a trovare una soluzione soddisfacente, ma una proposta è che «occorra mettere in rete tutte le strutture, ospedaliere e territoriali» con una governance centrale basata sull'appropriatezza. Oltre che agire sulla sensibilizzazione della popolazione nella direzione di un empowerment culturale. È questo uno degli spunti che arriva dal "Rapporto Osservasalute 2017. Stato di salute e qualità dell'assistenza nelle Regioni Italiane" curato dall'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane per fare un punto sul Ssn e presentato settimana scorsa. Il volume (di 603 pagine) è frutto del lavoro di 197 ricercatori su tutto il territorio italiano che operano presso Università, Agenzie regionali e provinciali di sanità, Assessorati regionali e provinciali, Aziende ospedaliere e Aziende sanitarie, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, Ministero della Salute, Agenzia Italiana del Farmaco, Istat e traccia un quadro a tutto tondo del Ssn. Tra i tanti focus uno di rilievo riguarda il tema delle disuguaglianze: «Gli indicatori» si legge nella presentazione «evidenziano l'esistenza di sensibili divari di salute sul territorio: ne sono la prova i dati del 2017 della Campania dove gli uomini vivono mediamente 78,9 anni e le donne 83,3; mentre nella Provincia Autonoma di Trento gli uomini mediamente sopravvivono 81,6 anni e le donne 86,3. In generale, la maggiore sopravvivenza si registra nelle regioni del Nord-est, dove la speranza di vita per gli uomini eÌ 81,2 anni e per le donne 85,6; decisamente inferiore nelle regioni del Mezzogiorno, nelle quali si attesta a 79,8 anni per gli uomini e a 84,1 per le donne». E in tema di disuguaglianza un elemento fondamentale è proprio l'«accesso all'assistenza sanitaria pubblica: si tratta delle rinunce, da parte dei cittadini, alle cure o prestazioni sanitarie a causa dell'impossibilitaÌ di pagare il ticket per la prestazione. La difficoltaÌ di accesso alle cure sanitarie eÌ un problema particolarmente grave perché impatta molto sulla capacitaÌ di prevenire la malattia, o sulla tempestività della sua diagnosi. Nella classe di età 45-64 anni le rinunce ad almeno una prestazione sanitaria eÌ pari al 12% tra coloro che hanno completato la scuola dell'obbligo e al 7% tra i laureati. La rinuncia per motivi economici tra le persone con livello di studio basso eÌ pari al 69%, mentre tra i laureati tale quota si ferma al 34%». Il nostro Paese, continua il Rapporto, «eÌ quello che ha il livello di disuguaglianza minore dopo la Svezia, avendo 6,6 punti percentuali di differenza tra i meno e i più istruiti. Questa evidenza ci spinge a dire che, nonostante i divari appena rilevati, il modello italiano eÌ, comunque, tra i migliori, anche in considerazione della maggiore longevità di cui godono i nostri concittadini». Ma «la sfida futura del Ssn sarà quella di contrastare le persistenti disuguaglianze con interventi e politiche urgenti». In particolare, «si ritiene prioritaria l'attivazione di iniziative finalizzate all'empowerment culturale verso i temi della salute e degli stili di vita, da attuare nelle scuole per i ragazzi e le loro famiglie. Spesso, infatti, gli interventi delle politiche sono vanificati da atteggiamenti e comportamenti individuali sbagliati che ne riducono gli effetti attesi».

E in ogni caso, «rimane aperto e sempre più urgente il dibattito sul segno di tali differenze, che sono inique perché non naturali, ma frutto di scelte politiche e gestionali» è il commento di Walter Ricciardi, presidente dell'Istituto superiore di sanità e direttore dell'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane. «È auspicabile che si intervenga al più presto partendo da un riequilibrio del riparto del Fondo sanitario nazionale, non basato sui bisogni teorici desumibili solo dalla struttura demografica delle Regioni, ma sui reali bisogni di salute, così come è urgente un recupero di qualità gestionale e operativa del sistema, troppo deficitarie nelle Regioni del Mezzogiorno».

Tra gli altri aspetti evidenziati nel rapporto, un capitolo è dedicato alla multicronicità per la quale si mette in luce che «un punto certamente critico eÌ rappresentato dall'aumento di politerapia, in quanto all'aumentare del numero di patologie croniche che affliggono il soggetto corrisponde un aumento delle terapie farmacologiche prescritte. Questo fenomeno eÌ associato a un maggior rischio di eventi avversi, a un aumento degli impieghi potenzialmente inappropriati dei farmaci e a una riduzione dell'aderenza al trattamento». Questo quadro pone oltre tutto una «difficoltaÌ per la Medicina Generale (MG): spesso, il MMG si trova a dover gestire una serie di prescrizioni che derivano da diversi specialisti. Pertanto, risulta comprensibile che i soggetti con multicronicitaÌ determinino un maggior carico di lavoro per il MMG, in termini di visite e di richieste di prestazioni di qualsiasi tipo, dalla prescrizione dei farmaci alla richiesta di una visita specialistica».