Studio comparativo su Dpc: in Accordi pesa di più fattore politico rispetto a efficienza

11/04/2017


Nella stipula di accordi sulla Dpc, l'assenza di un modello di analisi che metta in evidenza i costi distributivi e logistici della distribuzione diretta e la mancanza di un approccio standard nelle regioni, aumenta di fatto il peso del fattore politico, a scapito di altre considerazioni basate sui costi e benefici della distribuzione. Sono queste le conclusioni a cui perviene lo studio "La spesa farmaceutica a carico del Ssn. Comparazione tra accordi regionali e modalità di distribuzione" realizzato dal Centro di ricerca AN.T.A.R.E.S. per le farmacie comunali dell'Emilia - Romagna aderenti ad A.S.So.Farm e presentato l'8 aprile in occasione del convegno dal titolo "Ripensare i canali distributivi dei farmaci SSN: meno distribuzione diretta, più distribuzione per conto e più farmaci in convenzionata". Lo studio ha passato in rassegna gli accordi locali in vigore e ha fatto una panoramica su scala nazionale dello stato di fatto rispetto a remunerazione, peso della diretta sulla spesa farmaceutica territoriale e altri contenuti presenti nelle Intese.

SERVIZI
Un primo punto da evidenziare, riguardante i contenuti, è che gli accordi regionali trattano una pluralità di aspetti e che questi sono differenti tra le varie Regioni. Così, «i tre quarti delle regioni e province autonome fa passare parte degli ex OSP2 dalle farmacie territoriali, anche se in alcuni casi in via sperimentale e/o senza aggravio di costi per Servizio Sanitario; più della metà degli accordi tratta direttamente l'assistenza integrativa, in particolare gli ausili per diabetici e per incontinenza, ma anche la dispensazione di prodotti per colostomia e dell'ossigeno; i due terzi degli accordi prevede l'erogazione remunerata di servizi per il cittadino - tra i più attuati Cup, promozione e prevenzione della salute, Pharmaceutical Care per l'aderenza alla terapia in particolari ambiti terapeutici, monitoraggio tramite il sistema del piano terapeutico On Line e sui farmaci ex OSP2». Ma a emergere è anche una variabilità all'interno delle singole regioni, anche se «alcune regioni sono riuscite a orientarsi verso una maggiore uniformità di trattamento come nel caso di Lombardia, Liguria, Toscana, Piemonte e Umbria, in cui tutte le farmacie territoriali distribuiscono in Dpc gli stessi farmaci. All'estremo opposto si trovano invece Campania ed Emilia Romagna in cui ogni Asl si comporta in modo indipendente».

In generale, «analizzando i nuovi accordi (stipulati nel 2016), si rileva una tendenza che vede allargare il campo d'azione della Dpc», ma anche «per lo più rivedere al ribasso la remunerazione della Dpc» compensando «al contempo con un ampliamento della parte sui servizi».


REMUNERAZIONE
Ancora meno standardizzabile è la situazione relativa alla remunerazione: «per Lombardia, Lazio e Sardegna si stabilisce una remunerazione che varia in base alle fasce di prezzo del farmaco e al tipo di farmacia considerata. Solo Toscana, Liguria, Calabria e Trento hanno una remunerazione fissa». Mediamente «a livello nazionale, per le farmacie urbane non sussidiate e considerando la prima fascia di prezzo, che si attesta intorno a 50 euro a eccezione della Lombardia, che ha 150 euro, c'è un compenso riconosciuto al farmacista di poco superiore ai 5,9 euro a pezzo (al netto dell'IVA e compresa la distribuzione intermedia), mentre per le Regioni che prevedono una remunerazione più vantaggiosa per le farmacie rurali e/o sussidiate (considerando sempre la prima fascia di prezzo) si arriva a 7,6 euro a pezzo».
Ma che cosa condiziona la remunerazione per la Dpc? «È stato verificato che le Regioni con una incidenza maggiore di spesa farmaceutica imputabile alla Dpc rispetto al totale della diretta di classe A - in ragioncs di farmaci a più alto costo - stabiliscono compensi per le farmacie più elevati». In particolare dipende da questo fattore «il 28% della remunerazione per la Dpc». Così, «se aumenta di un 1% l'incidenza della Dpc sulla diretta di classe A la fee del farmacista aumenta di 4 centesimi». Ma quello che risulta evidente è che «la remunerazione dipende solo in piccola parte dai dati empirici mentre la condizionano soprattutto fattori politici locali».

PESO DEI CANALI
In merito poi al peso dei canali emerge che «la distribuzione diretta dei farmaci di fascia A (Dpc inclusa) dispensati dalle strutture pubbliche e private territoriali vale il 39% della spesa farmaceutica territoriale». In ogni caso, «il valore dei farmaci distribuiti per conto delle strutture pubbliche dalle farmacie territoriali è passato dai 17€ pro capite del 2013 ai 23€ del 2015. Le regioni del Centro e del Meridione hanno i valori più elevati (tra i 31 e i 28€) mentre il Nord - la parte Est in particolare - quelli più contenuti (dai 18€ del Nord Ovest ai 14 del Nord Est). Tra le regioni si rilevano però comportamenti molto diversificati, si passa dalla Calabria, che usa il canale delle farmacie per il 54% della spesa, per arrivare all'Emilia - Romagna, in cui al contrario il 90% della spesa passa non dalle farmacie territoriali - a cui tocca una quota del 10% - ma dai punti distributivi delle strutture pubbliche». In generale «nel 2015 la spesa farmaceutica rimborsata dal SSN è aumentata di circa 2 miliardi di euro. Una crescita dovuta quasi totalmente all'aumento (+42%) della distribuzione diretta realizzata dalle strutture pubbliche, mentre l'aumento (2015) di 119 milioni (+9%) della distribuzione per conto (DPC), delegata alle farmacie territoriali, ha quasi coperto la diminuzione di 121 milioni (- 1%) della convenzionata netta».