Fase 2, su vaccini in farmacia è scontro farmacisti-medici. Ma per tutti la parola d'ordine è prossimità

08/06/2020


A gennaio e febbraio - quando sono stati riscontrati i primi casi di contagio da coronavirus - in Italia si assisteva al picco dell'influenza stagionale e, oggi, in preparazione di una eventuale seconda ondata, molte Regioni stanno valutando l'opportunità di svolgere più corpose campagne vaccinali nell'ottica di facilitare la diagnosi e allentare la pressione sul Servizio sanitario nazionale. In questo quadro, le farmacie, in quanto presidi sanitari polifunzionali sul territorio, possono essere siti vaccinali permanenti.

Una previsione, questa, che ridurrebbe significativamente i tempi necessari alla somministrazione del vaccino e consentirebbe una più estesa e agevole copertura della popolazione, grazie anche alla capillare distribuzione delle farmacie, anche in aree rurali e periferiche, spesso sguarnite di presidi sanitari. Sono queste premesse alla base dell'Ordine del giorno presentato da Andrea Mandelli, presidente Fofi e parlamentare, approvato dalla Camera il 27 maggio, che impegna il governo a valutare «l'opportunità di utilizzare le farmacie aperte al pubblico, dotate di spazi idonei sotto il profilo igienico sanitario e atti a garantire la tutela della privacy, per la somministrazione dei vaccini da parte di medici, al fine di contenere gli accessi ospedalieri e di alleggerire il carico degli ambulatori».


Dalle farmacie un contributo in capillarità

«L'Italia», è stato il commento di Mandelli, «non può farsi trovare impreparata di fronte al rischio di una seconda ondata di contagi da Covid-19 in autunno: sarà fondamentale distinguere rapidamente i sintomi influenzali, che mediamente colpiscono il 9% della popolazione, da quelli del coronavirus. Per questo sarà indispensabile una corposa campagna vaccinale antinfluenzale. In quest'ottica le farmacie, in qualità di presidi sanitari polifunzionali del territorio, possono svolgere un ruolo strategico diventando siti vaccinali con la presenza di medici. In questo modo, oltre a contenere gli accessi ospedalieri e ad alleggerire il carico degli ambulatori medici, si ridurrebbero significativamente i tempi per la somministrazione del vaccino e, grazie alla diffusione capillare delle farmacie, si potrebbero raggiungere zone del Paese, come le aree rurali e periferiche, che sono spesso sguarnite di presidi sanitari. Per questo pungoleremo il governo affinché l''impegno assunto in tal senso con l'approvazione del mio Ordine del giorno sia rispettato».

La reazione dei medici: «Si genererebbe conflitto di interessi»

La proposta ha subito acceso il dibattito. «Sono convinto più che mai dell'utilità di una strategia vaccinale contro l'influenza nella fase 2», ha detto il presidente della Fnomceo, la Federazione degli ordini dei medici, Filippo Anelli, «ma nutro anche forti perplessità che il divieto - previsto dall'articolo 102 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie - sull'esercizio della professione medica in farmacia possa essere superato, in assenza di una regolamentazione che eviti un possibile conflitto di interessi. Riconosciamo comunque che le farmacie sul territorio rappresentano un presidio sanitario importante e auspichiamo accordi tra i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e le farmacie convenzionate, al fine di rendere ancora più efficiente e capillare la rete di dispensazione dei vaccini».


Per la medicina generale sistema da rivedere

Una posizione sostenuta anche dal principale sindacato della medicina generale, Fimmg, per bocca del segretario generale Silvestro Scotti, che aggiunge: l'attuale processo vaccinale «va migliorato», in particolare «in relazione ai meccanismi di distribuzione, conservazione, prossimità alla sede di somministrazione e disponibilità del vaccino». Le «attuali procedure portano, infatti, a una distorsione del sistema, per la quale le dosi vaccinali vengono consegnate ai medici di famiglia non prima di fine ottobre, inizi di novembre, riducendo i giorni utili per la somministrazione a non più di 30 - 40, se si escludono le festività». In questo quadro «un massimalista vaccina in media 300-400 persone». Per questo sarebbe «necessario rivedere i modelli organizzativi, consentendo ai medici di famiglia di reperire le dosi proprio in prossimità degli studi».


Federfarma ricorda le esperienze in Europa: basta trovare percorsi condivisi

Da parte di Federfarma viene ricordato che sono diversi i Paesi europei nei quali la vaccinazione influenzale viene effettuata in farmacia. Si tratterebbe quindi di «stabilire le necessarie interazioni con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta», afferma Marco Cossolo, presidente di Federfarma, «per individuare quei percorsi condivisi che - a similitudine di quanto avviene in altri Paesi dell'Unione europea - portino alla promozione e all'esecuzione di campagne vaccinali antinfluenzali nelle farmacie, in un'ottica di complementarietà e non certo di competitività tra professionisti».