Terapie tumorali, piccoli disturbi spesso non riferiti da pazienti. Aiom: anche farmacisti in team di sostegno

12/03/2018


Sono molti i piccoli disturbi che interessano i pazienti in terapia antitumorale ma solo poco più della metà li riferisce al medico. In questo quadro, il 54% dei pazienti ritiene che il medico di famiglia non sia un interlocutore adeguato sulle neoplasie e solo il 9% si rivolge al farmacista di fiducia per avere consigli su come affrontare questi disturbi. Alla domanda se il paziente ritenga "il farmacista un interlocutore affidabile per chiedere consigli" su queste tematiche a rispondere sì è il 32%, mentre il 71% non "ritiene il farmacista preparato in campo oncologico". Sono questi alcuni dati che emergono dall'indagine realizzata da Fondazione AIOM e AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) all'interno della prima fase del progetto nazionale "I nuovi bisogni del paziente oncologico e la sua qualità di vita", presentato settimana scorsa al Senato. I dati fanno parte di 4 sondaggi condotti all'inizio del 2018 su operatori sanitari e pazienti coinvolti nel processo assistenziale per la cura dei tumori.

E a emergere è uno scenario che richiede maggiori attenzioni, soprattutto perché «nel nostro Paese» spiega Stefania Gori, presidente nazionale AIOM e direttore del dipartimento oncologico dell'Ospedale Sacro Cuore-Don Calabria, Negrar-Verona «vivono più di 3 milioni e trecentomila persone che hanno ricevuto una diagnosi di tumore e la percentuale è in costante aumento, il 24% in più rispetto al 2010. Con la conseguenza che la patologia sta diventando sempre più cronica». «Questi cittadini presentano nuovi bisogni, impensabili fino a dieci anni fa» aggiunge Fabrizio Nicolis, presidente di Fondazione AIOM «di fronte ai quali gli operatori sanitari sono spesso impreparati. Da un lato, gli specialisti raramente vengono coinvolti dai pazienti nella gestione di questi piccoli effetti collaterali, dall'altro ai medici di famiglia, come ai farmacisti, non vengono offerti gli strumenti necessari per fornire risposte adeguate. Con la conseguenza che i pazienti e i loro familiari si muovono troppo spesso in modo autonomo cercando soluzioni prive di basi scientifiche. Vogliamo invece creare una nuova alleanza fra oncologi, medici di famiglia e farmacisti per gestire e trasferire sul territorio la cura di questi aspetti. Il nostro progetto - partito dai sondaggi e dai focus sulle figure coinvolte - si propone di creare rapporti di collaborazione strutturati e preferenziali fra centri oncologici, medicina del territorio, farmacisti che vadano oltre le visite di controllo successive alla fase acuta della malattia».

Il progetto prevede anche il coinvolgimento delle farmacie, «per facilitare una distribuzione capillare sul territorio degli attori in grado di supportare i malati». Ma dal sondaggio emerge che il 68% dei pazienti non li ritiene interlocutori affidabili per chiedere consigli su questi temi. Dall'altra parte «il 59% dei farmacisti» è stato l'intervento di Paolo Vintani, vicepresidente Federfarma Milano «dichiara di non sentirsi completamente pronto a consigliare al paziente il giusto percorso per risolvere i piccoli disturbi, soprattutto perché i farmaci oncologici non passano attraverso la farmacia e quindi non abbiamo occasione di conoscere le loro interazioni. Il 92% delle farmacie vorrebbe maggiori informazioni. La creazione di un percorso strutturato con gli oncologi e i medici di famiglia può creare le condizioni per una reale reintegrazione dei cittadini colpiti dal cancro nella società e nel mondo del lavoro».