Cronicità, Desideri: integrare farmacie fa risparmiare. Occorre monitorare piano cronicità per trovare spazi

22/10/2017


Proattività degli operatori sanitari, prossimità al paziente e personalizzazione della cura e dell'approccio. Tre P, tre obiettivi che servono a realizzare la presa in carico del paziente cronico. Ma per costruirla non basta strutturare una integrazione multiprofessionale sul territorio, tra medici di medicina generale, pediatri, specialisti, infermieri e collaboratori di studio. Serve anche la farmacia, perché una grossa fetta della partita si gioca proprio sulla aderenza alla terapia. È questa l'idea portata avanti nell'Azienda Usl Toscana Sud Est con il progetto delle Reti cliniche strutturate e integrate, nelle quali si punta a integrare anche il farmacista disegnando un nuovo ruolo per la presa in carico dei pazienti cronici, attraverso un'attività di pharmaceutical care. E a fare il punto è Enrico Desideri, direttore generale della Asl Sud Est e ideatore del progetto, nel corso del suo intervento nella IV Convention di Federfarma Servizi e Federfarma.Co. La base di queste esperienze, spiega, «va ricercata nel Piano della cronicità che ridisegna un concetto di risposta al bisogno di salute passando da un'organizzazione della sanità a silos e ospedalocentrica a un approccio orientato al bisogno del paziente». Da manager di Azienda sanitaria, continua Desideri, «devo fare valutazioni in termini anche di spesa e costi, per garantire sostenibilità, equilibrio, universalità al sistema sanitario. Punto di partenza è che la cronicità ricopre oltre l'80% dei costi sanitari, comprendendo in questo anche i costi di ospedalizzazione». E tra i costi di ospedalizzazione «un grosso impatto viene da quelli relativi a mancata aderenza alla terapia. Pensiamo solo al caso di ipertesi, ma anche al diabete, dove, secondo la letteratura, si rileva aderenza alla cura solo nel 50% dei casi».

Da qui il nuovo ruolo per le farmacie territoriali: «Il modello delle reti cliniche integrate, che realizza la presa in carico del paziente cronico, si sviluppa attorno alle Aft, le aggregazioni funzionali territoriali, in cui lavorano team multidisciplinari, dai medici delle cure primarie (medico di famiglia e pediatra), all'infermiere, ai servizi sociali, al collaboratore di studio». In questo contesto il ruolo del farmacista «può esprimersi professionalmente su almeno quattro fronti: informazione e promozione stili di vita; con un ruolo nelle reazioni avverse da farmaci e nelle interazioni; con funzioni di supporto ai medici, in termini di accompagnamento personalizzato e aderenza alla terapia, e come contributo alle campagne istituzionali». Ma perché il sistema funzioni sono necessari una serie di requisiti: «primo tra tutti la costruzione di una comunità di pratica, tra tutti gli operatori coinvolti. Questo significa non solo che tutti i soggetti si raccordano in maniera strutturale per la gestione del paziente ma anche che sono legati da un rapporto stretto, che mi piace definire nominale: devono conoscersi per nome, telefonarsi sul cellulare. Perché il paziente deve avere un unico punto di riferimento nella gestione della patologia». E così anche la farmacia «deve essere inserita nella rete inserito a pieno titolo: il farmacista deve entrare nella gestione del paziente e deve essere vissuto dagli attori come un punto di forza. E questo richiede senz'altro un cambio culturale da parte di tutti».

Per quanto riguarda la tempistica, «nostro obiettivo è partire dal primo di gennaio con Bpco, asma e scompenso cardiaco. Obiettivo iniziale è dimostrare che se inseriamo la farmacia disegnandone un nuovo ruolo nelle reti cliniche integrate si genera un risparmio». E qui c'è un punto importante che può valere anche per altri territori: «Abbiamo una grande occasione e uno straordinario strumento che è il Piano nazionale della cronicità che contiene già la base per un nuovo ruolo della farmacia» e nelle cui maglie è anche possibile trovare spazi per una remunerazione. «Il Piano però definisce linee generali, che vanno applicate nelle regioni ma soprattutto declinate e contestualizzate nei territori. Si sta, a oggi, formando una cabina di regia nazionale e credo che sia importante per tutti gli attori coinvolti presidiarla e seguire passo passo il percorso realizzativo». Anche perché, come sottolineato anche da Andrea Mandelli, presidente della Fofi, che, con il Mur, si è fatto artefice di un nuovo ruolo per il farmacista, c'è una riflessione da fare: «la previsione che una prestazione venga erogata a invarianza di spesa non significa che debba essere a titolo gratuito: significa semplicemente che la sua remunerazione andrà ricavata all'interno del budget regionale già determinato. Evidentemente il concetto non è ancora chiaro a tutti».