Altems, su servizi e presa in carico categoria pronta. Per salto serve più Dpc e remunerazione

10/09/2017


La maggior parte dei farmacisti ha investito energie e capitali nella diffusione dei servizi in farmacia, puntando anche sulle risorse umane. Allo stato attuale, tra le linee evolutive, la presa in carico dei pazienti è sempre più vista dai farmacisti come un'opportunità da non perdere. E un elemento importante che viene richiesto è l'ampliamento della Dpc, strumento per portare l'innovazione in farmacia e migliorare il rapporto con il paziente. Ma se la categoria si dimostra pronta a cogliere il cambiamento, un ostacolo rimane il fatto che il servizio cognitivo non è, per lo più, retribuito. Sono queste alcune considerazioni avanzate a Farmacista33 da Americo Cicchetti, Direttore Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore, e Maria Diana Naturale, coordinamento Osservatorio Nazionale sulla Farmacia dei Servizi, istituito con il patrocinio della FOFI, sulla base dell'indagine sulla farmacia dei servizi avviata a dicembre 2016 e conclusa a gennaio 2017 (2449 questionari, con un campione che rappresenta l'8,46% delle farmacie di comunità presenti sul territorio nazionale). In generale, spiegano, «l'81% dei farmacisti intervistati eroga i servizi previsti dai decreti attuativi della legge sui Servizi sia nelle farmacie urbane che rurali e rurali sussidiate», nonostante siano «remunerati dalla regione soltanto nel 6,9% dei casi». Tra i servizi erogati, «l'89% di questi sono rappresentati da test "auto-diagnostici" di parametri ematochimici quali glicemia, colesterolo trigliceridi, emoglobina glicata, necessari per effettuare il monitoraggio di patologie cardiovascolari e diabete, e soltanto l'1% ha implementato il CUP». Ma un dato importante è che «gli intervistati aspirano a essere riconosciuti come front-office del SSN e centro ufficiale per l'erogazione di servizi», ma soprattutto «manifestano l'opportunità di prendere in carico i pazienti cronici e politrattati per il monitoraggio dell'aderenza terapeutica e della terapia farmacologica, segnalando tempestivamente al medico comportamenti non aderenti o situazioni di rischio. Di fatto, cioè, stiamo assistendo alla nascita di una nuova identità per il farmacista di comunità, unitamente alla trasformazione della farmacia tradizionale in un centro polifunzionale improntato alla promozione e produzione della Salute, luogo di riferimento per il cittadino, reale presidio sanitario accessibile 24 ore su 24 su tutto il territorio nazionale cui fare affidamento per l'erogazione di servizi cognitivi». Infatti a emergere è che «il 96% degli intervistati vogliono avere un ruolo attivo per il controllo dell'aderenza terapeutica e per la presa in carico del paziente cronico politrattato. Solo il 9% ritiene che non vi sia modo di misurare l'aderenza terapeutica, mentre il 91% degli intervistati ha suggerito di implementare il rapporto diretto e personale con il paziente (tramite questionari, colloquio/intervista). Tuttavia, allo stato attuale solo nel 30% dei casi, tra i servizi effettuati, vi eÌ anche il monitoraggio dell'aderenza terapeutica». Ma è importante notare come «nel 11,5% esiste, all'interno della farmacia, una persona fisica/gruppo/team management/supporto informatico che si occupa della sicurezza del paziente e nel 28% dei casi sono stati avviati specifici progetti di sorveglianza (linee guida, protocolli, intercomunicazione con altri operatori sanitari) per il controllo della terapia farmacologica finalizzati alla prevenzione degli errori in terapia». In questo quadro un argomento molto sentito eÌ rappresentato anche dai trattamenti farmacologici innovativi oggi non dispensati in farmacia. Tanto che «il 75,1% dei farmacisti ritiene che la distribuzione per conto sia necessaria per implementare il rapporto con i pazienti». Ma «per i farmacisti eÌ indispensabile ricevere informazioni e formazione adeguata proprio sui farmaci innovativi» e in generale «emerge, la necessitaÌ di accrescere il bagaglio culturale, ampliando le competenze e le conoscenze per la realizzazione di un nuovo profilo professionale e l'attualizzazione della professione». C'è da sottolineare poi un altro aspetto: se «la categoria dimostra di voler intraprendere percorsi di presa in carico dei pazienti per il controllo dell'aderenza terapeutica e per il monitoraggio della terapia farmacologica», «l'assenza di remunerazione del servizio cognitivo, eÌ il principale ostacolo a questo ampliamento. Le evidenze emerse nell'indagine dell'Osservatorio indicano la necessitaÌ di disegnare, tutti insieme, prospettive funzionali al superamento delle criticità e alla attualizzazione della professione farmaceutica. Le farmacie hanno le carte in regola per assumere compiti di efficientamento e supporto per la gestione delle cronicità nell'ambito del SSN».

Un tema interessante che emerge riguarda poi la telemedicina: «L'87,9% degli intervistati ritiene utile implementare la telemedicina per ridefinire il ruolo del farmacista di comunità. La telemedicina eÌ attiva nel 29% (1153) dei casi cosiÌ suddiviso: 72% nelle farmacie urbane; 18% nelle farmacie rurali; 10% farmacie rurali sussidiate. Per effettuarla i farmacisti fanno riferimento ad associazioni autonome di professionisti nel 42% dei casi, a cooperative nel 25% ed a associazioni di categoria nel 27%».

Resta comunque il nodo della remunerazione: «il 92,2% degli intervistati ritiene sia necessario che SSR debba farsi carico degli oneri per l'implementazione dei servizi in farmacia e che allo stesso tempo debba riconoscere la farmacia come centro ufficiale per l'erogazione degli stessi». Le evidenze «emerse nell'indagine dell'Osservatorio indicano la necessitaÌ di disegnare prospettive funzionali al superamento delle criticità e all'attualizzazione della professione farmaceutica. La spinta al cambiamento richiede una modifica del ruolo e del posizionamento strategico delle farmacie che sfrutti la capillare dislocazione sul territorio nazionale e il carattere di prossimità al cittadino/paziente. La centralità del farmacista come professionista può essere decisiva, eÌ soprattutto dalla sua opera professionale che il sistema può ricavare un valore aggiunto sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista assistenziale».

Ma nonostante questo aspetto «coloro che effettuano servizi (81%), collaborano con altri professionisti e operatori sanitari. L'operatore sanitario eÌ dipendente della farmacia nel 54% dei casi, collaboratore occasionale nel 39,4%». Inoltre, «il 34% degli intervistati considera un'opportunità l'ingresso degli operatori sanitari in farmacia per valorizzare la professione».