La farmacia clinica per risollevare le sorti della professione

16/05/2017


C'è chi ritiene (giustamente) che i momenti di crisi non abbiano solo dei risvolti negativi ma siano anche una possibilità per mettere tutto in discussione e ripensare a un nuovo modello. È un principio che vale in tutti i contesti e non di meno all'interno delle farmacie di comunità. Che il farmacista del territorio stia attraversando un periodo di transizione è un dato di fatto. Così come sappiamo che, ora più che mai, chi sceglie questo percorso di laurea deve fare i conti con una crisi d'identità, messa in discussione su più fronti. Spesso, per esempio, il farmacista viene paragonato a un commesso, spogliato della professionalità acquisita durante gli anni di studio. Tagliato fuori dai contesti di ricerca e innovazione. Eppure questo non significa che dobbiamo celebrare la morte di questa professione. È semmai il segnale di un cambiamento, sempre più prossimo e necessario. L'inizio di un percorso che porterà via via il farmacista ad assumere un ruolo diverso da quello attuale e da quello che ha avuto in passato. Perciò, con molta probabilità, a estinguersi sarà solo il farmacista non specializzato, lasciando il passo a una figura con competenze diverse e più mirate alle esigenze del paziente: quella del farmacista clinico. Una figura professionale di alto livello che all'ottima conoscenza dei farmaci unisce la capacità diagnostica della salute del paziente. Con il termine clinico che sta a sottolineare non il passaggio della sua attività in un contesto clinico come quello ospedaliero, ma semplicemente un cambio di prospettiva più indirizzata alla salute del cittadino.
Obiettivo del farmacista clinico è infatti fornire assistenza ai pazienti con l'ottimizzazione dell'uso dei farmaci e promuovere la salute, il benessere e la prevenzione delle malattie. Oggi chi si laurea in farmacia o CTF ha in mano una conoscenza legata per lo più alla progettazione, al meccanismo d'azione e alla formulazione dei farmaci. Temi fondamentali per il background di questi operatori sanitari, ma che forse avevano più senso una volta. Focus della farmacia clinica sono invece la promozione della salute, gli screening per la diagnosi precoce, le campagne vaccinali e di prevenzione, il monitoraggio e l'aderenza alla terapia, la continuità terapeutica tra ospedale e territorio, la farmacovigilanza attiva attraverso il controllo continuo delle interazioni e delle ADR che possono verificarsi. L'epicentro dell'attenzione del farmacista clinico, e le sue competenze, si spostano dunque dal singolo medicinale alla cura della popolazione che li assume.
A differenza di altri contesti europei, il farmacista clinico in Italia è ancora poco diffuso. Eppure ha un ruolo cruciale all'interno delle cure primarie del territorio che svolge in stretta collaborazione con la classe medica. Non si sostituisce ad essa, ma l'affianca supportando il paziente nell'aderenza alle strategie terapeutiche prescritte. Nel caso invece di disturbi minori, interviene direttamente con il ricorso a una razionale farmacoterapia, attraverso algoritmi diagnostici standardizzati che permettono di offrire al paziente una risposta chiara e affidabile.
È questa la via che i farmacisti italiani dovrebbero intraprendere per risollevare le sorti della professione. Come in tutti i settori, e per tutte le professioni, per affermarsi in un mercato sempre più competitivo è necessario specializzarsi. Solo in questo modo si crea realmente un valore aggiunto per l'utente finale che nel nostro contesto è il paziente.
Il futuro dunque, per gli oltre seimila neolaureati che escono dalla Facoltà di Farmacia e per chi già pratica, è non fermarsi alla laurea ma intraprendere un percorso di perfezionamento che gli permetta di acquisire competenze reali specifiche e speculari alle esigenze dei pazienti. Tutti elementi che non vengono acquisiti mediante i corsi di studi universitari attuali.

Corrado Giua Marassi
Presidente Società italiana Farmacia Clinica