Aderenza e presa in carico, medici favorevoli a un approccio di "iniziativa" delle farmacie

11/04/2017


Ormai da tempo si parla di medicina di iniziativa, per indicare un approccio non più improntato all'attesa in studio del paziente con problematiche conclamate, ma diretto alla gestione dell'assistito e alla programmazione di piani di prevenzione. Il passaggio culturale si sta affermando in particolare in alcuni modelli regionali, come per esempio la Lombardia, e può vedere un percorso parallelo delle farmacie, soprattutto in ambito di pharmaceutical care. E il cambiamento, come ha messo in luce Gianfranco Breccia, segretario dello Snami, il secondo sindacato della medicina generale, nell'ambito del suo intervento a FarmacistaPiù, nel corso del convegno organizzato da Assofarm, non è inviso ai medici, anzi. «Un elemento di grande criticità per il servizio sanitario a livello territoriale» ha spiegato Breccia a margine del suo intervento «è la cronicità. Si tratta di un problema che va affrontato con nuove possibilità di approccio, non più soltanto attraverso un atteggiamento di attesa» rispetto al presentarsi delle problematiche del paziente, «ma anche con un supporto sanitario di iniziativa», di presa in carico e di programmazione della prevenzione. Approccio che deve permeare la relazione medico-paziente e che può trovare applicazione anche in farmacia: «Alla luce di questa esigenza del Ssn, credo sia particolarmente importante che da più professionisti venga trasmesso il concetto che, soprattutto in presenza di patologie croniche, i consigli terapeutici del medico di medicina generale vanno seguiti. Se altre figure, oltre quindi ai medici e ai collaboratori presenti negli studi, si associassero nel forzare e dare corpo a questo concetto, si otterrebbero risultati interessanti». E in questa direzione, «penso, in modo particolare, alla farmacia di riferimento e questo vale ancora di più per le zone non metropolitane».

Da Breccia, nel suo intervento, è stata poi portata un'analisi sulle criticità dell'aderenza (e persistenza) alla terapia, richiamando la letteratura medica, ed è stata sottolineata l'importanza di avviare interventi in questa direzione. Principio di partenza è quanto sostenuto dall'Oms: «la scarsa aderenza alle terapie croniche compromette gravemente l'efficacia del trattamento, caratterizzandosi come un elemento critico per la salute della popolazione, sia dal punto di vista della qualità di vita sia dell'economia sanitaria. Interventi tesi ad aumentare l'aderenza consentono un significativo ritorno degli investimenti, sia in prevenzione primaria, sia in prevenzione secondaria». D'altra parte, «la non aderenza alla terapia cronica (o non compliance) è un problema grave e assai diffuso». Per esempio, in merito ai comportamenti di pazienti cronici, «entro un anno, circa la metà dei pazienti interrompe l'assunzione dei farmaci (si parla in questo caso di non persistenza alla terapia)» e «un altro 35% interrompe la terapia entro due anni». In generale, «nei paesi industrializzati l'aderenza alla terapia di lungo periodo delle patologie croniche si situa in media intorno al 50%». Ma anche «dati recenti, relativi ai paesi Europei, confermano questa tendenza». Interessanti anche alcuni numeri «provenienti dai database amministrativi delle AA.SS.LL. che mostrano come nel 2012 la percentuale del totale dei pazienti ipertesi aderenti alla terapia risulta solo del 38,4%, mentre per gli antidiabetici la percentuale è stata pari al 62,1%». Secondo dati Aifa, «bassi livelli di aderenza (14,3%) si registrano anche per l'asma e la bronco-pneumopatia cronica ostruttiva (Fonte AIFA. Progetto Aderenza 3C- anno 2014)». Tra le cause della non aderenza, oltre a fattori individuali, ci possono essere «fattori legati al tipo di malattia (ipovedenti, artropatie gravi alle mani, demenze, ecc); al prescrittore (competenza, conoscenza del paziente, attitudini, convinzioni, contesto professionale, schema terapeutico troppo complesso); al farmaco (tollerabilità, efficacia, complessità dello schema terapeutico); al sistema sanitario di riferimento (accessibilità ed equità delle cure)».