Aderenza alla terapia, da Report Cittadinanzattiva emerge il ruolo del territorio

14/03/2017


Sul fronte della comunicazione della terapia farmacologica poco più di un medico su due si accerta con domande che il paziente abbia compreso tutto (55%) e lascia suggerimenti scritti oltre alla prescrizione (54%). E quasi un medico su tre ritiene insufficiente/inadeguato il tempo di cura che ha con il paziente. Tutti fattori, questi, che possono avere un impatto sull'aderenza alla terapia. A mettere in luce il dato l'Indagine civica sull'esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie, con focus su farmaci biologici e biosimilari, condotta da Cittadinanzattiva.

L'analisi, che si è basata su un'intervista a 816 medici, si è posta l'obiettivo di indagare «la prospettiva dei medici rispetto a tempo e relazione di cura con i pazienti», nella direzione di favorire «l'aderenza terapeutica», ma a trasparire è una situazione in cui il paziente non sempre riceve le indicazioni di cui necessita o le riceve in modalità idonee. Rischia così di non trovare adeguata risposta un bisogno dell'assistito, per il quale, forse, nei limiti delle rispettive competenze, il territorio, con anche il sistema delle farmacie, può giocare un ruolo importante. L'indagine è molto ampia e si sofferma anche sulle problematiche inerenti i farmaci biologici, ma alcuni dati, che riguardano la relazione di cura, sono interessanti perché ricadono sull'assistenza territoriale. «Il "tempo" di cura» si legge nel Rapporto «rappresenta un fattore molto importante della relazione medico-paziente» e per questo «incide anche sull'aderenza alle terapie». A emergere è che «il 71% dei medici ritiene sufficiente/adeguato il tempo di cura», ma «esiste un buon numero di professionisti (29%), quasi uno su tre, che invece lo ritiene insufficiente/inadeguato». Il dato è particolarmente interessante se unito anche a un altro fattore determinante per favorire l'aderenza alle terapie che è la comunicazione: «poco più di un medico su due si accerta con domande che il paziente abbia compreso tutto (55%), lascia suggerimenti scritti oltre alla prescrizione (54%), consente che un familiare partecipi alla visita anche (57%)».

E per favorire la comunicazione e la comprensione risultano «poco utilizzati espedienti semplici, come l'uso di supporti informativi cartacei ("mai" nel 16% e "quasi mai" nel 20%), ancor meno quelli informatici (app, tutorial, video)». Inoltre, «il 34% dei professionisti dichiara di non preparare "mai" o "quasi mai" esempi semplici per i casi più frequenti; il 45% riferisce di non avvalersi "mai" o "quasi mai" di moduli prestampati da compilare insieme alla persona per poi rilasciarli come promemoria».

Mentre al contempo è avvertito come «necessità da parte del medico per ottenere aderenza alle terapie proprio un maggiore utilizzo di supporti informativi per pazienti e familiari attraverso opuscoli o tutorial (35%)». In generale, un altro aspetto che emerge è che tra «i mezzi di comunicazione più utilizzati per contattare il medico in caso di bisogno/informazioni/chiarimenti, meno di un medico su due lascia il numero di telefono mobile personale (48%) o di servizio (37%), privilegiando ancora i "formali" canali di comunicazione, quali numero dell'ambulatorio (85%) o dello studio (59%). Lo strumento delle email eÌ molto utilizzato (78%), WhatsApp nel 35%». Un dato che può essere importante in chiave di aderenza alla terapia riguarda «le informazioni» che i medici ritengono utile passare al paziente: i medici dichiarano "molto importante" informare i pazienti su: modalità e tempi di somministrazione (86%), nome e tipologia del farmaco (77%), eventuali effetti collaterali/reazioni avverse (68%), profilo di sicurezza, efficacia e qualità del farmaco (67%)» ma il numero di medici che le indica scende quando si tratta di tematiche come «eventuali interazioni con altri farmaci/integratori (62%) e corretto stile di vita e regime alimentare (54%)».