Professioni regolamentate, forte impegno categoria a escludere salute da direttiva Eu

10/07/2017


Prosegue l'iter del progetto di direttiva europea sul test di proporzionalità, che richiama alcuni aspetti della direttiva Bolkestein e «mira a garantire che le nuove misure nazionali di regolamentazione delle professioni non ne limitino indebitamente l'accesso, non siano troppo vincolistiche e non creino oneri ingiustificati nel mercato interno». E se l'idea è di concludere a novembre, si rafforza l'impegno per cercare di escludere le professioni sanitarie da parte della categoria, che si è organizzata e ha creato un fronte unitario insieme a medici, odontoiatri, infermieri e altri professionisti della sanità. La proposta di direttiva, varata a gennaio dalla Commissione Europea, si inserisce nel Pacchetto Servizi finalizzato ad agevolare la circolazione delle persone e dei servizi, e, come si legge nell'ultima nota del Consiglio Europeo, «a garantire che le misure nazionali siano proporzionate, non limitino indebitamente l'accesso alle professioni e non creino oneri ingiustificati nel mercato interno». La proposta, a differenza della direttiva Bolkestein del 2004, non mette in discussione le disposizioni vigenti, ma impone di verificare ogni nuova regolamentazione delle professioni o modifica di norme, secondo il criterio della proporzionalità, con la conseguenza che gli Stati membri dovranno giustificare ogni nuova disposizione nazionale che limiti l'accesso alla professione o il suo esercizio, valutando se sia necessaria e idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vada oltre quanto necessario per il raggiungimento di tale scopo (non sia cioè sproporzionata). «La futura direttiva» continua la nota «armonizzerà il modo in cui questi test di proporzionalità sono effettuati e i criteri che devono essere applicati, in conformità della giurisprudenza della Corte di giustizia. L'obbligo di effettuare un test di proporzionalità prima di introdurre una nuova regolamentazione delle professioni integrerà le disposizioni della direttiva sulle qualifiche professionali (2013/55/UE)».
Per quanto riguarda la sua applicazione, la proposta di direttiva riguarda tutte le professioni regolamentate dagli Stati membri, vale a dire, spiega Maximin Liebl, presidente dell'Ordine di Bolzano e membro Pgeu, «tutte quelle interessate dalla Direttiva sul reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali. Il che significa circa il 30% della popolazione europea, ricomprendendo per esempio anche i maestri di sci». Per quanto riguarda le professioni sanitarie, la nuova proposta si applicherà a medici, farmacisti, odontoiatri, veterinari, infermieri, fisioterapisti e ostetriche.
Da qui le preoccupazioni di tutti i professionisti della sanità, non sono in Italia ma anche degli altri Stati: «Già di per sé, riuscire a dimostrare la proporzionalità di una norma di regolamentazione delle professioni è molto difficile, ma ci sono poi ricadute sugli eventuali ricorsi alla Corte di Giustizia europea, perché un tale impianto normativo potrebbe mettere in discussione il principio, finora applicato, per cui la salute è appannaggio degli stati nazionali. Il rischio quindi è che si vada nella direzione di liberalizzazioni spinte da criteri diversi dalla salute pubblica».

Sul tema «il Pgeu è da tempo al lavoro per opporsi a questo tentativo». Il progetto, continua, «sta proseguendo il suo iter e per ora le varie commissioni si stanno limitando a fare modifiche di altra natura, nulla è cambiato per noi. Si è tuttavia creato un fronte compatto tra farmacisti, medici, infermieri e in generale professioni della sanità, sia all'interno dei vari stati membri, sia a livello europeo. Abbiamo presentato un documento congiunto e abbiamo fatto alcune audizioni. Quello che cerchiamo di fare è parlare con politici di livello nazionale e europeo per cercare appoggio rispetto all'eventualità di non comprendere le professioni sanitarie nella direttiva. In Europa il partito popolare ha la maggioranza e dovrebbe essere a favore dell'esclusione, ma in generale vediamo una spaccatura tra chi è a favore e chi è contrario. Indicativamente il progetto dovrebbe ultimare il suo iter intorno a novembre». Ma i timori sono forti: «All'epoca della direttiva Bolkestein l'esclusione delle professioni sanitarie c'è stata, ma era avvenuta all'ultimo momento, in seno al Parlamento Europeo. Il problema è che così si entra in logiche che dipendono dalle forze di volta in volta in campo e non sono prevedibili. La nostra speranza è che si arrivi prima a bloccare la ricaduta sulle professioni sanitarie, ma comunque andasse siamo fiduciosi. Se è vero che storicamente l'Europa Unita ha il suo fondamento in un mercato unico e nei principi della libera circolazione di persone e servizi, la salute è da sempre considerato il bene più grande e delicato. Continueremo compatti, insieme alle altre professioni della sanità, la nostra battaglia».