Cenciarelli: in Europa catene virtuali forti sul mercato. Mallarini: per innovativi e terzo pagante necessarie reti
09/05/2017
Tanti gli impatti dall'ingresso del capitale sul sistema e tra questi, come mostrano alcune esperienze europee, un'accelerazione nel processo di aggregazione delle farmacie. Se ci sono stime secondo cui circa il 20% delle farmacie potrebbe diventare parte di catene di proprietà, anche le catene virtuali saranno interessate da processi di rafforzamento e riorganizzazione tanto che diventeranno soggetti in grado di competere ad armi pari con gli altri gruppi. Nella realtà italiana tante sono le opportunità di sviluppo, dalla pharmaceutical care, agli innovativi, alla presa in carico del paziente e con il fare squadra è più facile coglierle. Č questa una delle riflessioni che è emersa dal convegno "Autonomia imprenditoriale e sistema evoluto di rete" organizzato da Federfarma Servizi sabato nell'ambito di Cosmofarma. «Che sia alle porte o meno, l'ingresso del capitale porterà una serie di impatti sul sistema» spiega Giorgio Cenciarelli, Director Suppliers Services di QuindilesIMS. «Secondo le nostre stime, nei due anni successivi all'approvazione del decreto circa il 20% delle farmacie italiane, vale a dire 3500-4000 presidi, potrebbero diventare parte di catene di proprietà. Da questo processo deriverà una conseguente riduzione di clienti per i distributori intermedi (-20%) e un'accelerazione del fenomeno della aggregazione in particolare dei piccoli e medi. Cambiamenti interverranno anche nelle strutture delle aziende produttive, che modificheranno la loro organizzazione commerciale, con l'introduzione di nuovi profili per negoziare con gli HQs delle catene. Ci sarà anche una forte spinta dei prodotti Private Label, in grado di garantire una più alta marginalità e prezzi al pubblico più contenuti. Per quanto riguarda le catene virtuali, gestite principalmente dalla distribuzione intermedia, ci si aspetta un processo di consolidamento e riorganizzazione. Abbiamo stimato che oggi in Italia circa 6500 farmacie sono in qualche modo aggregate in reti, ma sono poche le reti che hanno messo in campo strumenti e modelli che realmente le facciano identificare come catene. Ma con i cambiamenti alle porte le catene virtuali dovranno diventare e diventeranno soggetti in grado di competere ad armi pari rispetto alle catene di proprietà, come mostrano esempi in Europa».
Per quanto riguarda i trend oltreconfine «circa il 50% delle 210mila farmacie presenti in Europa sono indipendenti; il 17% fanno parte di catene di proprietà e poco meno del 30% di catene virtuali, mentre un 4% circa è rappresentato dalle farmacie pubbliche. C'è poi un dato: quasi il 50% delle farmacie in catene proprietarie fanno parte di network con oltre 50 punti vendita. La maggior parte delle catene sono gestite da distributori, anche se si stanno sempre più affacciando sul settore nuovi attori, quali banche, società Gdo, fondi di investimento, assicurazioni, privati. I tre grandi gruppi internazionali che già oggi detengono le fette più grandi del settore sono Phoenix, Celesio, Alliance Healthcare tanto che quasi il 30% delle farmacie europee di proprietà e quasi il 25% delle farmacie affiliate in catene virtuali sono governate da questi tre gruppi. Un dato che può essere un indicatore di prospettiva arriva dal nord-est europeo dove il processo di liberalizzazione è una realtà già da molto tempo: in 12 dei 17 Paesi Cee, il 57% delle farmacie sono oggi in catene di proprietà e se a queste si aggiungono le catene virtuali si arriva a quota 78% di farmacie aggregate. Il rimanente 22% sono farmacie indipendenti, che però dai nostri dati stanno mostrando cali di profitto». In questo contesto, «una riflessione per potenziare la farmacia credo possa andare al ruolo della tecnologia avanzata, soprattutto nella gestione del paziente, nella direzione dell'aderenza e persistenza alla terapia, della compliance, dell'uso appropriato del farmaco».
Se questo è lo scenario europeo, nella realtà italiana «non bisogna pensare che la spinta a costituire reti debba essere direttamente collegata alla presenza di una normativa che favorisce l'ingresso del capitale nel sistema» è l'intervento di Erika Mallarini, docente Sda Bocconi.
«Piuttosto questa può rappresentare una possibilità per sfruttare le opportunità e le attività avanzate necessarie allo sviluppo della farmacia, dall'aderenza alla terapia, alla presa in carico della cronicità, alla gestione del farmaco innovativo». D'altra parte, «basta andare a guardare cosa sta succedendo nella sanità, dove fenomeni aggregativi stanno subendo un'accelerata in particolare nel mondo dell'ambulatorio, degli ospedali, della veterinaria, dell'odontoiatria. La figura dello specialista e del medico di medicina generale sul territorio è superata da realtà in cui diversi professionisti si aggregano per offrire una gestione integrata e a tutto tondo della patologia e del paziente. Un fenomeno che riguarda anche il pubblico con le case della salute e che ha visto in questo ultimo periodo, soprattutto nel campo sociosanitario e di assistenza domiciliare integrata, una spinta legata alla necessità di avere standard professionali che consentissero accreditamenti da parte delle Asl. Č invece più recente la spinta all'aggregazione che arriva dalla possibilità di una gestione di accordi con le assicurazioni: la recente firma del contratto dei metalmeccanici porta gli italiani con una copertura dal 20% a quasi il 25% e questo è un dato con cui occorre confrontarsi. Ma c'è anche un aspetto, non trascurabile, che stiamo rilevando dalle nostre indagini che è quello della prevalenza del branding: fino a due anni fa i pazienti sceglievano le strutture sanitarie sulla base del professionista, oggi per la prima volta c'è un'inversione e la preferenza è data al brand». Per quanto riguarda il nostro settore, «come dicevo nell'orizzonte della farmacia ci sono vari fenomeni: farmaci innovativi da un lato e Paganti pubblici e privati - quali le assicurazioni - per attività diverse dalla dispensazione dall'altro». Sul primo versante, «il 50% dei 10 farmaci top seller sono biotecnologici e, rispetto in generale agli innovativi, la parte che passa in farmacia va riducendosi sempre di più. Basti pesare che questa fetta in Italia rappresenta il 18% della spesa dei farmaci rimborsabili (oltre 4 miliardi di euro): già oggi, solo 200 milioni, ovvero il 6%, passa dalla farmacia. Ma solo il 26% sono farmaci che richiedono un trattamento ospedaliero. Oggi si parla di homspital: sempre più infatti le aziende produttrici si stanno orientando ad offrire un pacchetto che comprenda prodotto e patient support programm, programmi (con all'interno farmacisti e infermieri) per la dispensazione e somministrazione a domicilio. I lanci oggi non avvengono più solo principalmente nell'area del paziente oncologico, ma riguardano anche altre patologie croniche, come il diabete. Č chiaro però che il farmaco innovativo ha complessità tali che o lo si gestisce in squadra o per la singola farmacia non sarà possibile averlo in carico». C'è poi l'altro tema, «l'incremento del peso delle assicurazioni e dei fondi integrativi. I convenzionamenti delle assicurazioni stanno già avvenendo ma è soprattutto un fatto da tenere in considerazione: le imprese assicuratrici si stanno trasformando sempre più in aziende che fanno della governance del paziente un punto cardine, diventando poi aggregatori di domanda. La possibilità di convenzionamento è riservata a chi sa offrire servizi di prevenzione e aderenza, che contribuiscano a ridurre i rischi per il terzo pagante privato. La farmacia se non si evolve rischia di vedersi tagliata fuori. La storia da qui in avanti è da scrivere, ma per farlo occorre eliminare i preconcetti ma anche investire».