Sostenibilità Ssn e industria, ne discutono i vertici sanità

11/10/2016


«Nel 2016 il fondo sanitario nazionale è cresciuto di più di un miliardo di euro rispetto al 2015 e nel 2017 sarà più alto rispetto al 2016. Insieme alla grande battaglia sull'aumento del fondo stiamo combattendo la grande battaglia parallela sull'efficienza del Ssn, in questo contesto un'azienda che dà un contributo che va nella stessa direzione rispetto alle iniziative dello Stato, non può che essere considerata che uno straordinario interlocutore. Se questo sistema salta, saltano pure tutti gli stakeholders pubblici e privati che lo animano e lo popolano». Così il sottosegretario alla salute Vito de Filippo, descrive il delicato ruolo giocato dalle aziende farmaceutiche nel mantenimento dell'equilibrio che regola il Ssn, in occasione di un incontro al Ministero della Salute a Roma, durante il quale si è largamente dibattuto di sostenibilità.

Durante l'incontro, organizzato in occasione dei 20 anni di Teva in Italia, alcuni dei vertici della sanità e rappresentanti dei cittadini hanno discusso i principali punti sui quali si sta lavorando e sui quali sarebbe necessario lavorare ancora per ottimizzare il rapporto tra efficienza e spesa del Ssn. Dal bisogno di «rendere sempre più uniforme il Ssn perché è un obbligo che attiene al problema della sostenibilità», secondo De Filippo, alla vera e propria necessità di cambiare alcuni approcci; in tal senso si è espresso il deputato Giovanni Monchiero: «La recente morte al San Camillo ci pone una grossa sfida, ovvero diffondere la cultura della morte a domicilio per i pazienti che sono arrivati all'ultima ora e per i quali non esistono terapie efficaci e l'ospedale è un carcere, morire a casa deve tornare ad essere una scelta di vita praticabile. Far passare al mal capitato le ultime 48 ore in ospedale è una folle crudeltà ed è un servizio costoso e dannoso». Tra le varie argomentazioni sul mantenimento della sostenibilità si è accennato anche al contributo dei farmaci generici che, secondo il senatore Andrea Mandelli, avrebbero dato "non una ma due mani a far quadrare il bilancio dello Stato». In questo contesto si colloca la vicenda dei nuovi farmaci per l'epatite C, la cui accessibilità in Italia sta facendo discutere ormai da tempo. In una situazione italiana di potenziale "emergenza" sanitaria in tal senso, sarebbe possibile utilizzare i farmaci generici per curare l'epatite C? Da una recente interrogazione in commissione Affari Sociali di Marisa Nicchi (SI) a De Filippo, sul tema di deroga alla protezione brevettuale per i nuovi farmaci antivirali per l'epatite C, De Filippo ha affermato che: «Al momento, l'assetto normativo nazionale, non consente l'uso dell'oggetto di un brevetto, senza il consenso del titolare in ipotesi diverse dalla mancata attuazione del brevetto o dall'attuazione in misura tale da risultare in grave sproporzione con i bisogni del Paese». Tuttavia, «non vi è dubbio che la tematica che ci occupa presenta per il Ministero della salute profili di oggettivo rilievo ed interesse, soprattutto per la potenziale portata in termini di salute pubblicaSi ritiene che la tematica vada attentamente approfondita e l'approfondimento dovrà, in particolare, riguardare il tema se l'epatite C, ovvero altra grave e diffusa patologia, la cui terapia richieda, allo Stato, un rilevante costo per il Ssn, possa essere ricondotta nel concetto di emergenza nazionale». Dunque, tecnicamente esisterebbe un margine di possibilità di vedere la situazione risolversi in questa direzione.