Sisma, la titolare: «Ho comprato un altro container per non far mancare servizi a pazienti»

03/12/2018


«Sono passati due anni dal sisma del Centro Italia e ancora lavoro nel container. Una situazione che, prevedibilmente, si protrarrà per i prossimi 4-5 anni. Al momento, mancano i progetti necessari per partire con la ricostruzione o il potenziamento delle strutture rimaste in piedi. Ma proprio ieri, con le mie forze, sono riuscita a comprare un container in più che dedicherò ai servizi in farmacia. Così anche questi cittadini, che stanno resistendo in territori abbandonati da tutti, avranno assistenza vicino a casa». È questa la testimonianza di Elisabetta Cascelli, titolare di farmacia a Ferentillo, alla quale Federfarma Servizi ha donato un modulo-container a seguito del sisma del 30 ottobre 2016 - l'Associazione aveva raccolto 150mila euro di fondi donati dalle proprie Associate e utilizzati per acquistare cinque container totali e set di arredi per farmacie messi a disposizione dei titolari di farmacia anche nei comuni di Accumoli, Amatrice, Camerino e Norcia, poi donati formalmente ai farmacisti a inizio anno.

«Se la prospettiva è di far vivere la farmacia in queste condizioni per altri anni, vorremmo poter offrire ai cittadini un servizio accettabile, e, a maggior ragione perché ci sono disagi, vorremmo anche noi poter partecipare a tutte le iniziative e le campagne di prevenzione che stanno interessando la categoria, come pure ai progetti più complessi di servizi in farmacia. Il container che ci è stato messo a disposizione da Federfarma Servizi è arrivato subito ed è stato fortemente gradito da tutta la popolazione. Fino a oggi siamo riusciti ad assicurare l'assistenza e abbiamo anche partecipato a tutte le campagne di salute possibili. Ma per offrire servizi più complessi, come quelli di area cardiovascolare, abbiamo bisogno di aumentare gli spazi a disposizione. Se avessi chiesto un nuovo aiuto, mi sarebbe arrivato senz'altro, ma ho voluto fare, con le mie forze, questo investimento, nonostante le difficoltà, anche economiche, legate allo spopolamento della zona. Questo perché credo che più le popolazioni siano in difficoltà e più debbano essere servite».

Anche perché l'area ha visto «di recente l'apertura di una aggregazione di medici (Aft) in prossimità della zona terremotata. Non abbiamo nulla contro questa forma di organizzazione delle cure primarie, che permette alla popolazione di avere sempre accesso al servizio sanitario, ma il problema sono gli effetti di concentrazione dell'assistenza in una unica zona, sguarnendo i territori di importanti presidi e aumentando di fatto le distanze e le barriere per la popolazione. Spostare i cittadini, soprattutto quando risiedono in aree disagiate e in particolare per alcune fasce, non è così facile. Ma devo dire che i medici del territorio, che operano in queste aree da diverso tempo, non ci hanno abbandonato e hanno continuato a prestare alcune ore di ambulatorio. Certo, resta il timore per il futuro: cosa succederà quando questi medici andranno in pensione? Chi garantirà sul territorio l'assistenza in presenza dell'Aft?».

La piccola farmacia disagiata, è la conclusione della riflessione, «è un vero baluardo per la popolazione, ma deve essere messa nelle condizioni di poter offrire un servizio come tutte le altre. Ricevendo, dove necessario, aiuti».