Necessario un atto di coraggio per riposizionarsi

04/04/2017


Dalla nascita del Servizio sanitario a oggi ci sono state importanti evoluzioni e un aspetto che ha segnato l'attuale stato delle cose è il concetto di saldi invariati: qualsiasi riorganizzazione, innovazione, attività che riguardi la sanità non deve comportare maggiori costi per lo Stato.

In questa evoluzione, la distribuzione diretta è diventata sempre più preminente tanto da aver ribaltato l'asset a cui afferisce l'innovazione della primary care e il ruolo della farmacia: secondo una delle condivisibili analisi fatte da Nello Martini, direttore generale di Drugs&Health ed ex dg Aifa a FarmacistaPiù, se nel 2000 il fatturato dei farmaci in convenzione rappresentava l'81,8% della spesa complessiva, dieci anni dopo, nel 2010, il 60%. E se poi proiettiamo questo valore al 2019 arriviamo a una quota residuale del 40%.
Dall'altra parte, la spesa per gli acquisti diretti è passata dal 18% del 2000 al 60% nella proiezione al 2019, con un riposizionamento dell'innovazione in asset purtroppo diversi dalla farmacia.

E così, se nel 2000 la farmacia gestiva la maggior parte del processo assistenziale, questo non è più vero oggi: la farmacia italiana ormai si trova in una situazione di marginalità all'interno del canale di distribuzione e del sistema assistenziale.
Una marginalità che è professionale, sociale - in quanto il paziente non la riconosce più come centro unitario del farmaco - ma anche gestionale: se analizziamo la situazione in base alla proprietà del farmaco vediamo che, in un contesto in cui diretta e dpc sono preminenti, la maggior parte dei farmaci è di proprietà della parte pubblica, che avrà sempre più peso nell'impostarne il "governo".

La domanda allora è: come riposizionare la farmacia all'interno del sistema?
Mi soffermo su una considerazione: i tempi della politica mi dicono che è da 18 anni che non si attua il rinnovo della convenzione. La remunerazione - quella che poi lo stesso Stato ha rigettato - è stata fatta sette anni fa. Il processo della farmacia dei servizi - dalla legge ai decreti attuativi - è partito nel 2009 e ancora non decolla.
Questi tempi mi dicono allora che la politica non è stata presente per la farmacia.

Un peccato - e lo sostengo in primo luogo in difesa del cittadino: perché l'attuazione della convenzione, accompagnata dalla farmacia dei servizi, ci avrebbe messo in grado di porre in essere strumenti tali da far risparmiare lo Stato.

Da un lato, allora, constatiamo una grande difficoltà nel riposizionare la farmacia al centro del sistema e, dall'altro lato, ecco presentarsi con grande forza il tema del mercato, con l'ingresso del capitale alle porte. Bene, la realtà italiana è diversa da quella di molti Paesi europei ed è una realtà fatta da 21 politiche farmaceutiche diverse, da 21 livelli di assistenza farmaceutica, con disparità sul tipo di farmaco che viene erogato e sul livello di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini. Una situazione che sicuramente avrà un impatto sugli assetti che il settore potrà assumere, pur con l'ingresso del capitale.
Ma mi permetto una provocazione: magari il capitale sarà capace di apportare al nostro Paese e al nostro settore quei cambiamenti che finora non siamo stati in grado di operare, con un'accelerazione alla farmacia dei servizi.

È una provocazione, ma vorrei si iniziasse a riflettere su un punto - anche questo da condividere con quanto afferma Nello Martini: la farmacia non si cambia perché lo vuole la politica, la farmacia si cambia dall'interno e dalla capacità e dalla determinazione che ha la professione e chi la rappresenta di mettere in campo, sia in termini di deontologia sia in termini di aspirazioni della rappresentanza sindacale, un'idea di farmacia, un progetto assistenziale per ricollocarsi al centro del sistema.
Un sistema - lo ribadiamo - dove, al momento, non c'è un pari livello di risposta assistenziale in termini farmacologici e che si sta evolvendo nella direzione della presa in carico della cronicità. Un sistema, quindi, in cui la farmacia può avere grandi potenzialità in termini di risposta ai bisogni.

È per questo che crediamo si possa uscire dall'impasse. Ma attenzione: la farmacia si deve sganciare dal concetto di remunerazione legata al prezzo. Perché questo riporterà in farmacia medicinali ad alto valore farmacologico e perché questo è un primo passo di un cambio culturale e professionale sempre più necessario.
Dalla Federazione degli Ordini è stato messo in campo un primo step nella direzione della formazione, perché il primo requisito per far tornare l'innovazione in farmacia è certamente la conoscenza.
Ma la strada da fare non è poca e serve in primo luogo la determinazione di ripensarsi e riposizionarsi all'interno di un sistema che non è più quello di vent'anni fa.


Giancarlo Esperti
Direttore generale Federfarma Servizi